Di Jutta Wolf
BERLINO (IDN) – La più antica ONG per la pace del mondo, l’Ufficio Internazionale per la Pace (UIP) vincitore del Premio Nobel per la pace nel 1910, chiede una “drastica riduzione” della spesa militare a favore dell’assistenza sanitaria e del soddisfacimento dei bisogni sociali. Una petizione lanciata il 27 marzo e firmata da tutti gli interessati verrà presentata all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il primo giorno della prossima sessione che si aprirà il 15 settembre 2020.
“Il mondo spende 1,8 miliardi di dollari in spese militari ogni anno e si prevede che spenderà 1 miliardo di dollari in nuove armi nucleari nei prossimi 20 anni,” osserva l’UIP, nella petizione ed in una dichiarazione precedente, dal suo quartier generale nella capitale tedesca, Berlino,.
Le globali esercitazioni militari costano più di 1 miliardo di dollari ogni anno e la produzione e le esportazioni di armi sono in aumento nelle principali economie mondiali. Sono responsabili dell’82 percento della spesa militare globale, rappresentano quasi tutte le esportazioni di armi e detengono il 98 percento delle bombe nucleari del mondo nell’intero territorio.
Comprendono il Gruppo dei Venti (G20) che l’UIP afferma sia una piattaforma condivisa che riunisce gli interessi dei principali attori nella corsa agli armamenti a livello mondiale. Inoltre, il G20 spende miliardi per la ricerca militare, denaro che, secondo l’UIP, sarebbe meglio investito nella salute e nei bisogni umani e nella ricerca per aiutare a combattere il cambiamento climatico globale.
“Il G20 non può nascondere questi fatti sotto il tappeto,” dato che le spese militari, in particolare, sono oggi più alte del 50 percento rispetto alla fine della guerra fredda e che la NATO chiede ulteriori aumenti da parte dei suoi membri.
In una dichiarazione separata del 30 marzo, l’UIP critica il G20 di aver “perso un’opportunità” per sostenere la richiesta di chiarimento, del 23 marzo, del segretario generale delle Nazioni Unite António Guterres per un “cessate il fuoco globale immediato in tutti gli angoli del mondo” a sostegno della più grande battaglia contro la devastante pandemia, e sottolinea che “questo fallimento costituisce l’anello mancante dalla risposta del G20 alla pandemia di COVID-19″.
I leader del G20 – Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Repubblica di Corea, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica, Turchia, Regno Unito, Stati Uniti e l’Unione Europea – si sono riuniti a Riyadh, sotto la presidenza dell’Arabia Saudita il 26 marzo 2020, per discutere dell’epidemia globale del corona-virus.
L’UIP prende atto che la dichiarazione del G20 riconosce che “L’azione globale, la solidarietà e la cooperazione internazionale sono più che mai necessarie per affrontare questa pandemia,” che è un “potente promemoria delle nostre interconnessioni e della nostra vulnerabilità” ma che tuttavia non applica questo pensiero alla necessità di pace.
La militarizzazione è la strada sbagliata che il mondo deve prendere; alimenta le tensioni e aumenta il potenziale per la guerra e i conflitti e aggrava le già accentuate tensioni nucleari, afferma la dichiarazione. “Anche così, l’architettura politica che è stata messa in atto per controllare l’espansione e il disarmo nucleari viene ignorata o addirittura indebolita.”
L’UIP si riferisce in questo contesto al Bulletin of the Atomic Scientists 2020 Doomsday Clock (l’Orologio dell’Apocalisse) che nel febbraio 2020 segnalava 100 secondi alla mezzanotte – è stato il più vicino alla mezzanotte nei suoi 70 anni di storia – e questa pandemia globale ha spinto la lancetta dei secondi ancora più vicino.
L’Ufficio internazionale per la pace invita i leader mondiali a porre il disarmo e la pace al centro della definizione delle politiche ed a sviluppare una nuova agenda per il disarmo che includa il divieto delle armi nucleari come previsto nel Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPNW).
“Senza di essa, stiamo ostacolando la nostra lotta contro le future pandemie sanitarie, lo sradicamento della povertà, della fame, la fornitura d’istruzione e di assistenza sanitaria a tutti, nonché la realizzazione degli obiettivi dell’SDG (Sustainable Development Goals) 2030,” sostiene l’UIP.
Il disarmo è una delle chiavi della grande trasformazione delle economie, per garantire che gli esseri umani, e non il profitto, siano più apprezzati, e quelle economie in cui verranno affrontate le sfide ecologiche – soprattutto la crisi del cambiamento climatico – e verrà perseguita la giustizia sociale globale.
“Con il disarmo, l’attuazione degli OSS, un contratto sociale globale e un nuovo accordo globale di pace verde, possiamo affrontare le sfide della pandemia del corona-virus,” sostiene l’UIP. La storia è testimone del fatto che in tali crisi, la democrazia deve essere difesa sopra ogni altra cosa e deve essere difesa contro stati sempre più autoritari.
L’UIP chiede “una cultura di pace”, un percorso pacifico che enfatizzi la necessità di una strategia globale, di un contratto sociale globale e di una cooperazione globale per garantire un sostegno globale alle persone.
Sottolineando lo “stress sanitario”, l’UIP indica che, a seguito di investimenti insufficientinelle infrastrutture sanitarie, “i sistemi sanitari stanno raggiungendo i limiti della loro forza e l’eroico personale in prima linea è sottoposto a forti pressioni.” L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) avverte che la comunità globale dovrà affrontare una carenza di 18 milioni di operatori sanitari entro il 2030.
Le lezioni per il futuro sono ovvie:
- La salute è un diritto umano per grandi e piccini, per tutte le persone in qualsiasi parte del mondo.
- L’assistenza sanitaria e infermieristica non deve mai essere ridotta o subordinata alla ricerca del profitto attraverso la privatizzazione.
- L’importanza di un lavoro dignitoso per tutto il personale sanitario e continui investimenti nella loro istruzione e formazione.
L’UIP sostiene che è giunto il momento per un contratto sociale universale “Con il passare di ogni ora, l’intera scala della crisi diventa più chiara.” L’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) prevede una potenziale perdita di 25 milioni di posti di lavoro, che è più di quelli persi durante la crisi finanziaria del 2008.
Inoltre, si prevede che la povertà lavorativa aumenterà in modo significativo, fino a 35 milioni di persone in più potrebbero esserne colpite. Le perdite di reddito per i lavoratori potrebbero raggiungere i 3,4 miliardi di dollari.
Questo è il motivo per cui l’UIP sostiene gli sforzi del movimento sindacale a livello globale, regionale e nazionale, per le misure economiche e le risorse atte a proteggere posti di lavoro, redditi, servizi pubblici e il benessere delle persone.
“Ciò richiede un impegno da parte della comunità imprenditoriale a mantenere le persone al lavoro e il sostegno che viene loro promesso di ricevere dai loro governi deve essere subordinato all’adesione al contratto sociale per la sicurezza del lavoro e delle entrate,” sostiene l’Ufficio internazionale per la pace. [IDN-InDepthNews – 03 aprile 2020]
Credito per le immagini: UIP